Il teatro può plasmare la voce della terra, trasformare lo spazio in una camera ottica, spiazzare la percezione in un gioco di luci e suoni, dar forma alla musica di Sostakovich.
Il teatro può persino far apparire l'inafferrabile, plasmare il fuoco. L'importante è porsi in ascolto, aprire lo sguardo, lasciarsi trasportare lungo i sentieri meno frequentati del teatro. Che, in fondo, non vive di solo «testo» o di sola drammaturgia, ma spazia attraverso suono, forma, visione, percezione.
Romeo Castellucci si prepara a sfogliare il suo "Romanzo della cenere" ideato per la Biennale Teatro: un romanzo che parla i linguaggi più originali e inediti del "farsi teatro", e un romanzo popolato «di sconosciuti», come avverte il direttore presentando il festival, «perché ci sono molti artisti, noti all'estero, ma che non sono mai venuti in Italia. Realtà artistiche che finora non hanno visto la luce ma che conoscono il fuoco paradossale e sincronico della vita e dell'estinzione». Realtà, queste, che «rispettano la vocazione dell'ente di ospitare la sperimentazione - fa eco il presidente Davide Croff - di aprirsi a nuovi territori e sperimentazioni».
E il festival che si avvia giovedì mira proprio a «ripensare i fondamenti stessi della rappresentazione - spiega Castellucci - dirottando i senso verso altri livelli di percezione». Per 11 giorni (fino al 25 settembre) fitti di appuntamenti quotidiani ci si immergerà in un "teatro" fatto di spettacoli, installazioni, videoarte, azioni condensate, performance, conferenze e dialoghi. Più di cento eventi che prenderanno vita nei vari spazi dell'Arsenale di Venezia che si moltiplicano mutando a volte la loro abituale destinazione: accanto ai già noti Teatro Piccolo Arsenale, Teatro alle Tese, Teatro Tese alle Vergini, suddivisi per l'occasione in più aree, verranno pure utilizzati lo Spazio Ex Officine, lo Spazio Fonderie, il Piazzale Porta Nuova, la Sala Marceglia, il Giardino delle Vergini. «E lo spettatore - spiega Castellucci - potrà costruirsi il proprio percorso attraverso gli appuntamenti della giornata. Molte proposte, infatti, sono lavori brevi e concisi, altre sono installazioni, altre ancora dirottano verso livelli diversi di percezione».E visto che si tratta di un "libro" da sfogliare, il festival non si apre con un evento particolare, bensì con un'intera giornata di performance tutte da scoprire che mescolano il "teatro" - con gli inglesi Bock & Vincenzi, gli italiani Orthographe, i russi Zhunin & Alimpiev - al "teatro incorporeo" dello svedese Carl Michael von Hausswolff, quindi le "installazioni" di fuoco dell'americano Kevin Binkert alla fotografia di Francesco Raffaelli (la mostra "Lamine" alle Tese delle Vergini fino al 25, ore 18 e alle 21). Per approdare, infine, alla "cucina artistica" di Ivan Fantini, l'autore del "desco quotidiano" per gli spettatori, che trasforma l'Arsenale un luogo di rapporti fisici e simbolici.
Gli eventi della prima giornata del festival, così, «sembrano dirottare il regno del sensibile verso altri livelli di percezione», spiega Castellucci. Ecco allora le "Physical Interrogation Techniques" esplorate dallo svedese von Hausswolff (giovedì alle 18 e venerdì alle 19, al Piccolo Arsenale, prima assoluta), che "lavora" il suono come massa, energia, peso: il compositore-musicista parte dal manuale degli interrogatori della Cia e crea effetti auditivi e visivi che agiscono direttamente sulla mente dello spettatore. Gli italiani Orthographe si concentrano invece sullo sguardo e in "Orthographe de la physionomie en mouvement" (prima nazionale alle Tese, ore 18/19/20/24, con numerose repliche fino al 25) propongono un'archeologia della visione trasformando lo spazio in una vera e propria camera ottica, al centro della quale prendono vita figure femminili evocate dagli album fotografici del grande ospedale di Parigi, la Salpetrière. L'artista americano Mark Bain, invece, mescola scienza, architettura e suono per interrogarsi sull'«autorità del fisicamente dato». E nella gigantesca sfera che pulsa ingoiando i suoni della terra, "Sonusphere" (da giovedì 15 a mercoledì 21, ore 18-20, spazio Ex Officine), Bain indaga i "microsuoni" che viaggiano nei materiali che ci circondano.
I russi Zhunin & Alimpiev provano a «vedere la musica con gli occhi», e in "We're talking about music" (prima assoluta, giovedì alle 19.30 alle Tese delle Vergini, venerdì alle 23.30) traducono in forma "plastico-visuale" il "Concerto numero 1 per pianoforte e orchestra" di Sostakovich: «Ogni discorso lirico è collegato ad un senso di disagio - spiegano - noi non volevamo tradurre il linguaggio della musica in linguaggio teatrale, ma raccontare la musica stessa, l'euforia lirica. Insomma, parlare della musica senza sentirla». La prima giornata di festival ospita anche gli inglesi Bock e Vincenzi (alle 21.30 al Teatro alle Tese; replica il 16 alle 20.30), pronti a catturare l'«Altrove», come recita il titolo del loro spettacolo. Da cinque anni lavorano all'idea dell'assenza applicata alla rappresentazione dello spazio, e proprio per questo portano in scena attori ciechi.
«Un teatro che studia i fantasmi», avverte Castellucci, un lavoro che costringerà lo spettatore a percepire cosa realmente sta accadendo davanti a sè. Infine, ecco Kevin Binkert, l'artista di San Francisco deciso a "tradurre" il fuoco in scultura. Il suo "Flame tornado" (piazzale Porta Nuova, il 15 alle 21, il 16 alle 23, il 17 alle 21, il 25 alle 23) è una colonna di fuoco alta 13 metri che si leva accompagnata dalle manipolazioni acustiche di Scott Gibbons.Castellucci osserva il manifesto del suo festival, la parola "Pompei" si declina in un bianco e nero fatto di cerchi, «sembrano bicchieri di terra rovesciati», terra che diventa cenere e scompone i contorni. Come la sua idea di "teatro" senza confini.
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